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Al centro Cristo, speranza e pace. «Cristo che rende l’altro, qualunque esso sia, il mio e nostro prossimo e non un estraneo o un nemico». Il cardinale Matteo Zuppi parla ai 40 mila giovani italiani, riunti a piazza San Pietro per la confessio fidei. Ricorda che la Chiesa abbraccia tutti, quando ripete la parola per tre volte, come faceva papa Francesco, un applauso sale dai giovani. «Sicuramente sorride dal cielo», commenta il presidente della Cei. Parla della gioia della fede, ma anche del dolore di Maria, «sotto una croce ingiusta e terribile sulla quale è inchiodato suo figlio e i suoi figli» Croci che ancora oggi sono «costruite follemente dagli uomini che fabbricano armi per uccidere e spesso distruggono quello che fa vivere, anche gli ospedali. La Chiesa è sotto la croce con gli occhi pieni di lacrime e il cuore ferito per tanta enorme sofferenza, insopportabile per una madre come deve esserlo sempre per l’umanità tutta». Oggi si combattono tante «inutili stragi», tante inutili croci, basta andare a vedere i cimiteri di guerra. Papa Leone «ci ha chiesto una pace disarmata e per questo disarmante». E ricorda, il cardinale Zuppi, che: «È veramente triste assistere oggi in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? … Come si può continuare a tradire», cita ancora papa Leone, «i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta?».
Chiama i giovani a disarmare «i nostri cuori per disarmare cuori e mani di un mondo violento, per guarirne le cicatrici, per impedire nuovi conflitti! Il Cardinale Pierbattista Pizzaballa ha detto: “Tutto sembra parlare di morte, di odio, di distruzione, di violenza, sembra proprio una notte che non finisce mai”». Siamo in una «notte di ingiustizie terribili e inaccettabili, di violenze che colpiscono sempre per primi i poveri e che in realtà rendono tutti poveri». Il cardinale denuncia le uccisioni di uomini e donne, di bambini e ricorda che «non possiamo mai abituarci a una sofferenza infinita. È un mondo che accetta di nuovo come normale pensarsi l’uno contro l’altro o l’uno senza l’altro, che in modo dissennato non ha paura della forza inimmaginabile degli ordigni nucleari. Nel nostro mondo diventa normale l’uno sopra l’altro, gli uni contro gli altri, e non crediamo più che siamo sulla stessa barca e che l’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità». Di fronte a questo c’è la chiamata a essere «discepoli di Gesù, operatori di pace in un mondo come questo, per difendere la vita sempre dal suo inizio alla fine, di tutti, senza distinzioni, sono fratelli tutti, rivestendo la persona sempre di dignità e cura». C’è bisogno di consolazione, di vincere l’odio, di insegnare a capire il bene nascosto in ciascuno, di spegnere le vendette, di fare compagnia alle solitudini, di salvare dalla morte in mare o nel deserto, di smettere di fabbricare armi, di accendere il cuore di speranza.
Confessare la propria fede, insieme con Pietro, significa credere nella salvezza anche nel buio delle tenebre, capire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. «Credo Signore», dice il cardinale Zuppi, «e non ho più paura della vita, non la tengo per me, non cerco una misura limitata perché il tuo amore è forza e la vita è sempre benedetta». E allora anche le comunità più piccole sono sempre grandi se dentro c’è il Signore». Confessare insieme la fede «ci aiuta a sostenerci a vicenda, a nutrici con la forza della fraternità, con la forza dell’amicizia e del volerci bene tra noi, diversi come siamo, perché crediamo che si può amare e si può amare per sempre perché l’amore ripara, ripara tutto, sempre, molto più di quello che crediamo, perché l’amore che dona il SIgnore vince ogni divisione e ci rende gli uni per gli altri, come siamo fatti».
Questa è «la nostra speranza». E allora, conclude il cardinale, «grazie Gesù, amore mio e nostro, che non ti rassegni e continui ad avere fiducia in noi. Ognuno di noi, tu lo sai perché conosci bene il nostro cuore, ha tante cose da costruire. Tu Signore ci parli di edificio spirituale e di diventare pietra. L’importanza di ogni pietra non è mai di essere isolata, ma è sé stessa quando è insieme. Siamo noi stessi quando ci pensiamo per gli altri. Satana insiste sempre a volerci fare trasformare le pietre in pani, forzando tutto per nutrire il nostro io come l’antica e mai sconfitta tentazione di diventare Dio, grandi, forti, irraggiungibili, da prestazione. Ma noi siamo pietre vive e l’attore è sempre il Signore». E noi con lui, diventiamo «attori della vita vera, protagonisti perché servi». Dio non ci chiede di non sbagliare ma di amarlo e seguirlo come siamo «per essere e per cambiare». Ricorda anche «Simone, figlio di Giovanni, che per tre volte lo ha rinnegato. Mi ami? Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene. Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Tu sei e io sono. Grazie. Seguimi. Ti seguirò e tu continua a amarmi e perdonarmi. Speranza, pazienza, Pace. Grazie Gesù».



