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Dietro le sbarre, dove il tempo spesso si ferma e i giorni si somigliano, c’è chi sceglie di far entrare la luce. È quella del teatro, che accende sguardi, restituisce voci, riapre immaginari. È lo spirito che anima Destini Incrociati, la rassegna nazionale di teatro in carcere giunta alla sua undicesima edizione, in programma dal 12 al 15 novembre tra Firenze, Livorno e l’isola della Gorgona.
Quest’anno il tema è Le città visibili, un titolo che evoca la possibilità di scorgere – dietro le mura – le mappe interiori, i desideri e le memorie di chi cerca un riscatto attraverso la scena.
A promuovere l’iniziativa è il Coordinamento Nazionale Teatro in Carcere, insieme al Teatro Popolare d’Arte, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Toscana, in accordo con il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità.
Un teatro che attraversa i confini
La rassegna si aprirà il 12 novembre a Firenze, nel Saloncino della Pergola, con l’incontro “Il senso del teatro in carcere”. Sarà un pomeriggio dedicato al valore educativo, civile e umano della scena dietro le sbarre, con gli interventi dei rappresentanti istituzionali e di esperti come Jean Trounstine, pioniera del teatro in carcere femminile negli Stati Uniti, Bruno Mellano, già garante dei detenuti in Piemonte, e Claudio Sarzotti, sociologo e direttore del Museo della Memoria Carceraria di Saluzzo.
La giornata si chiuderà con la performance musicale Innocentevasione, firmata dal gruppo I Cella Musica, formazione nata dietro le mura ma oggi libera di esibirsi anche all’esterno: detenuti, agenti e musicisti insieme, uniti dal linguaggio universale delle note.


Dal 13 novembre, il testimone passa a Livorno, città che da anni accoglie il teatro come strumento di reinserimento. La mattina si apre con una tavola rotonda su Le prospettive del teatro in carcere, con gli interventi di Vito Minoia, presidente del Coordinamento Nazionale, e docenti di diverse università italiane.
Poi spazio alle parole e alla scena. Nella Casa Circondariale Le Sughere andrà in scena Moby Dick, adattamento firmato da Lara Gallo e Francesca Ricci: la balena diventa specchio delle paure e delle speranze dei detenuti, simbolo di una ricerca di senso e sopravvivenza.
Nel pomeriggio, il Nuovo Teatro delle Commedie ospita Sangue Giusto – Addentro, ispirato a Il bar sotto il mare di Stefano Benni, nato dal laboratorio teatrale nella Casa di Reclusione di Civitavecchia e diretto da Ludovica Andò e Veronica Di Marcantonio. Qui il mare diventa metafora del carcere: chi entra non può uscire facilmente, ma può raccontare, trasformare il dolore in parola, e la parola in libertà.
La giornata si chiude con Ali, spettacolo della Compagnia Teatrale Talibè diretta da Alessandro J. Bianchi. In un luogo indefinito, forse una cella, forse una mente, forse un’anima collettiva, prende vita la riflessione su un’umanità alla ricerca di un nuovo centro. Perché il teatro, anche dietro le sbarre, non smette di cercare il futuro.
La Gorgona, l’isola che parla
Il 14 novembre, la rassegna approda in un luogo simbolico: l’isola della Gorgona, l’unica colonia penale ancora attiva in Italia. Qui, tra mare e silenzio, il Teatro Popolare d’Arte presenta La città invisibile, diretto da Gianfranco Pedullà.
Il testo nasce da un laboratorio di scrittura condotto da Chiara Migliorini, che ha intrecciato le parole dei detenuti con suggestioni tratte da Italo Calvino e dagli arcani dei Tarocchi. È un viaggio poetico e simbolico, dove l’isola diventa mappa di memoria, identità e desiderio di trasformazione.
Il pomeriggio prosegue con un incontro dedicato a Il teatro del mare e con la presentazione di due volumi che raccontano vent’anni di esperienze tra arte e pena: Utopie nel mezzo di Stefano Tè (Teatro dei Venti) e Altrimenti il carcere resta carcere di Ornella Rosato e Alessandro Toppi.
La sera, al Centro Artistico il Grattacielo di Livorno, la compagnia AlphaZtl porta in scena Lady UP, performance di teatrodanza diretta da Vito Alfarano con Francesca De Giorgi, giovane danzatrice con sindrome di Down, insieme ai detenuti della Casa Circondariale di Brindisi. È la storia di una diva che sale sul palco e, passo dopo passo, abbatte ogni stereotipo: femminile, fisico, sociale. Un teatro che non rappresenta, ma rivela.
Chiude la giornata la rassegna video Teatro carcere in movimento, con cinque opere provenienti da istituti di Lecce, Venezia, Modena, Brescia e Roma Rebibbia: un viaggio per immagini attraverso le molte forme della rinascita.
Voci che diventano libertà
L’ultimo giorno, sabato 15 novembre, riporta il pubblico dentro la Casa Circondariale Le Sughere, dove Giallo Mare Minimal Teatro presenta Testimonianze, racconto a più voci di esperienze nate e cresciute dietro le mura.
Segue la proiezione de Il Filo di Arianna, documentazione video del laboratorio Labirinti, coordinato da Michalis Traitsis e Gianfranco Pedullà, che esplora i linguaggi del teatro in carcere come strumento di conoscenza e cura.
Nel pomeriggio, la seconda sessione della rassegna video Teatro carcere tra sogno e realtà offrirà sette nuove opere: storie di vite sospese, desideri, gesti quotidiani che si fanno drammaturgia.
Accanto, un laboratorio formativo a cura di AGITA, ente riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, aprirà la riflessione agli operatori e ai docenti che ogni giorno lavorano nei contesti scolastici e riabilitativi.
La chiusura, alle 21, sarà affidata alla voce intensa della cantautrice Erica Mou, con un concerto che suggellerà l’intera rassegna. Un ultimo atto simbolico, tra parole e musica, per ricordare che anche dietro le sbarre la vita continua a cercare la sua melodia.
Quando il teatro diventa ponte
Destini Incrociati non è solo una rassegna teatrale, ma un laboratorio di umanità. Ogni spettacolo, ogni parola detta in scena, diventa un gesto di riconciliazione: con sé stessi, con gli altri, con la società.
Il titolo di quest’anno – Le città visibili – racchiude il senso profondo dell’iniziativa: costruire ponti tra dentro e fuori, rendere visibili le comunità che vivono dietro le mura, ma che attraverso l’arte trovano voce, dignità e speranza.
Nelle parole di uno dei promotori, «il teatro in carcere non è un privilegio, ma un diritto alla bellezza, alla consapevolezza, alla libertà».
E così, per quattro giorni, tra Firenze, Livorno e la Gorgona, le città visibili non saranno solo quelle tracciate sulle mappe, ma quelle che nascono ogni volta che un detenuto sale su un palco e pronuncia, finalmente, la propria verità.



