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Caro don Stefano, mia figlia, 25 anni, lascerà a breve il suo primo e agognato lavoro perché incapace di gestire una persona che le fa continue allusioni sessuali.
Non stiamo parlando di stupro, lo so, ma comunque è sempre una sorta di violenza. Ora è piena di rabbia e vuole solo lasciarsi questa brutta esperienza alle spalle.
Anche se in famiglia io, mio marito e le sorelle siamo completamente dalla sua parte e vorremmo che si rivolgesse almeno all’ufficio del personale prima di licenziarsi.
UNA LETTRICE
Cara lettrice, la cronaca ci mostra purtroppo che da situazioni simili si può arrivare in casi estremi a casi di violenza sessuale se tali comportamenti vengono tollerati. Per questo vanno stigmatizzati e fermati.
Ma denunciare all’ufficio personale di un’azienda o, nei casi più gravi, alla polizia non è assolutamente un percorso facile. A volte è addirittura umiliante, perché magari diventi oggetto di gossip da parte dei colleghi, e pieno di ostacoli, perché dimostrare in assenza di testimoni comportamenti impropri del capo non è semplice.
E sempre con un rischio: quello che la vittima rischi di trasformarsi da vittima a colpevole durante il processo.
In questi giorni la cronaca riporta due casi emblematici su questo tema. Un primario di Piacenza accusato di avere usato per anni il suo potere per molestare alcune dipendenti tra la compiacenza dei colleghi e la sicurezza di essere intoccabile.
E poi un mostro sacro del cinema, Gerard Depardieu, condannato di recente in Francia a 18 mesi per aggressione sessuale nel 2021 ai danni di due donne durante la lavorazione di un film (ma pare che tante altre denunce nei suoi confronti siano cadute in prescrizione).
«Un mostro che è stato desacralizzato» lo ha definito Juliette Binoche, presidente della giuria di Cannes, elogiando il movimento MeToo che sta spingendo le donne a trovare la forza per reagire, raccontare e denunciare.
«Penso che le donne non siano state ascoltate, non siano state sentite, non siano state rispettate», ha dichiarato nella conferenza stampa.
State, quindi, vicino alla vostra giovane e ferita figlia. L’esperienza che ha vissuto è pesante e deve ritrovare la fiducia verso il mondo maschile.
E provate a spiegarle che una chiacchierata col responsabile del personale o con un legale di fiducia potrà aiutare altre ragazze che verranno dopo di lei a non subire la stessa sorte.



