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I cristiani venerano il dolore?

01/10/2020  Non dobbiamo venerare il dolore, ma l’amore di Cristo... perché solo l’amore salva. La riflessione del teologo Robert Cheaib

La domanda qui posta sembra purtroppo avere una risposta evidente: sì, i cristiani venerano il dolore. E quante ragioni ci sono per confermare questa risposta! Passiamo in rassegna alcune di queste ragioni: la venerazione, anzi, l’adorazione della croce; la prassi secolare – se non millenaria – della mortificazione fisica; l’insistente sottolineatura del valore salvifico del dolore. Queste e tantissime altre ragioni sembrano puntare verso un sì deciso alla domanda posta. Eppure c’è una sfumatura importante, una sfumatura purtroppo passata in secondo piano, mentre in realtà è al cuore del mistero del dolore salvifico: nella teologia cristiana, il punto nodale non è il dolore, ma l’amore che si manifesta nel dolore. Già nel mistero della croce di Gesù è l’amore che è centrale: «Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio» (Giovanni 3,16). E Cristo accetta la croce, dona la sua vita per amore, tanto che santa Caterina da Siena sottolinea che non sono i chiodi ad aver tenuto Gesù Cristo sulla croce, ma l’amore. Questo amore che tenne Gesù sulla croce, quest’amore condiviso tra Padre e Figlio, ecco l’amore che ci redime. Noi cristiani non dobbiamo venerare il dolore, ma l’amore di Cristo e dei suoi santi. Quando veneriamo il dolore, deve essere l’amore che vediamo e veneriamo perché solo l’amore salva. Un dolore senza amore non redime, anzi, è una so‘erenza dannata. Il dolore in sé non ha nulla di meritorio. Parimenti, la morte in sé non ha niente di meritorio. La grandezza di chi soffre e/o del martire viene da altro. Scrive al riguardo uno studioso sui martiri: «Fin dall’inizio la teologia cristiana del martirio si attenne al fatto che non la morte come tale rende martire il martire, ma solamente la testimonianza dell’amore che si mostra nella disponibilità ad accettare volontariamente la morte». Sant’Agostino è convinto che sia l’amore e non la morte o il dolore a qualificare il martirio: «Christi martyrem non facit poena, sed causa» (non la sofferenza ma il motivo fa il martire di Cristo). Un vero martire è colui nel quale è premiata la carità. Non è la sofferenza che conta, ma il perché e il come si soffre. Solo l’amore salva, solo l’amore dice qualcosa di Dio. Il dolore, se dice qualcosa, dice quanto Dio è disposto a rischiare per amare. Quanto? Il quarto evangelista lo dice in parole chiarissime: «Sino alla fine» (Giovanni 13).

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