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Perché adorate un Crocifisso?

17/09/2020  La Croce, stoltezza per i pagani e scandalo per i giudei, continua a essere una grande sfida anche oggi. La riflessione del teologo Robert Cheaib

Nell’ora in cui il sole è a metà del suo cammino, quando il sole comincia a declinare, disse di aver visto con i propri occhi in pieno cielo e al di sopra del sole il segno luminoso di una croce, unita alla quale c’era un’iscrizione: “Con questo segno vincerai”». Così lo scrittore ecclesiastico Eusebio di Cesarea racconta la visione di Costantino. Questo segno nel cielo verrà impresso sugli scudi dei suoi militari, divenendo il vessillo ufficiale dell’imperatore. La venerazione dei cristiani della santa Croce si nutre di questo racconto ma non nasce da esso. Anche se la commemorazione liturgica in quanto tale è connessa al ritrovamento – nel 327 – delle reliquie della santa Croce da parte di sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino e alla successiva consacrazione della basilica del Santo Sepolcro. Tale memoria liturgica acquisisce per alcune nazioni o riti cristiani un valore molto importante. In alcune nazioni, come il Libano, mio paese natio, tale festa è molto sentita. Pur non essendo una solennità liturgica, si osserva una partecipazione più assidua alle Messe e alcune pratiche di pietà, nonché di dichiarazione della propria identità cristiana, attraverso un gesto tradizionale dell’erezione di croci sulle cime, che vengono illuminate (tradizionalmente con il fuoco) per ricordare la Croce. Il gesto rischia di essere ridotto a una comprensibile rivendicazione identitaria. Ma al di là delle derive, la pietà sentita e la venerazione ci invitano a una necessaria presa di coscienza del valore e del significato di questo simbolo. Ricordo ancora la confidenza di uno studente – Paolo – che, a margine di una lezione sulla redenzione, mi racconta un episodio della sua esperienza missionaria in Giappone. Dialogando del più e del meno con una persona, a un certo momento Paolo spiega di essere un missionario cristiano e l’altro, incuriosito, lo guarda tra il sorpreso, il divertito e l’incredulo e gli dice: «Ah! Sei uno di quelli che adorano il morto appeso?!». Potremmo dire: «Che ignoranza nel XXI secolo!». Vorrei piuttosto soffermarmi con voi su due punti. Il primo è riconoscere che non solo ai tempi di Paolo la croce era stoltezza per i pagani e scandalo per i giudei, ma continua a essere una grande sfida oggi. E va detto: sia per i non credenti, sia per noi credenti. Il secondo – ed è un rovesciamento del paradigma di #chiediloacredere perché così è la rubrica che vi invita a porvi la domanda – è chiederci: cosa veneriamo quando veneriamo la Croce? La morte? L’ingiustizia? Il dolore? In attesa di riparlarne, vi invito a dimorare nella domanda e a contemplare, guardando, Colui che hanno (e abbiamo) trafitto.

Inviate le vostre domande a lettori.credere@stpauls.it

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