VITTORIO Z. - Chiedo di chiarirmi il concetto di “risurrezione dei morti” e se riconoscerò mia moglie tumulata nella tomba di famiglia in cui andrò.
Farsi tumulare accanto alla persona amata è un bel gesto, che ha valore di segno non tanto per chi ha lasciato questa vita, ma per i sopravvissuti che potranno così, visitando i luoghi della sepoltura, ricevere testimonianza dell’amore che ha legato i cari defunti. Fondamentale è per noi la risposta data da Gesù ai sadducei che non credevano nella resurrezione: «Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli» (Mc 12, 25). Gesù non ha detto che non ci saranno mogli e mariti, ma che «non prenderanno moglie o marito», il che ci porta a dedurre che regnerà l’amore, ma non un amore universale e indifferenziato, tale da impedirci di riconoscere la persona amata, tanto più se, trattandosi di amore autentico, è infinito ed eterno. E questo perché prima di essere mogli o mariti, preti o vescovi, siamo persone nel Regno di Dio, che comincia qui e ora, come afferma Paolo (Gal 3,28): non c’è più uomo né donna, schiavo o libero, giudeo o greco. Del resto, i sacramenti ci sono dati per questa vita e non ci saranno nella resurrezione. E se non ci saranno mogli e mariti, ma neppure preti e vescovi, non possiamo non pensare che, invece, ci sia l’amore autentico sperimentato in questa vita e destinato all’altra, in quanto nel regno dei cieli non saremo irriconoscibili, tant’è vero che, anche oggi, riconosciamo i santi coi loro volti, i loro nomi, le loro storie di vita e i loro legami.