La potenza della vita che non muore
E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Marco 1,29-31
Nella prima domenica di febbraio la Chiesa italiana celebra la Giornata nazionale per la vita. Il tema di quest’anno, “La forza della vita ci sorprende”, valorizza le «molte, troppe vite negate» (nemici in guerra – soldati, civili, anziani –, migranti, lavoratori, donne, malati e disabili gravi, bambini nati e non nati); «ciascuna vita, anche quella più segnata dai limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri» (dal Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei).
La Liturgia della Parola di oggi mette al centro proprio le vite fragili, indifese, segnate dalla malattia e dalla sofferenza, bisognose di cura, protezione, risanamento: a queste vite si rivolge lo sguardo amorevole e benedicente di Colui che è la Vita e dà la vita, l’Onnipotente manifestatosi nel Cristo, suo Figlio, Dio vero, Salvatore di ogni uomo in ogni tempo. Quelli che lo incontrano, anche se morti, vivono, risorgono: il Vangelo (Marco 1,29-39) ci presenta la guarigione della «suocera di Simone», che «era a letto con la febbre». La sua condizione è invalidante, la pone ai margini e la rende incapace di essere utile a sé stessa e agli altri: eppure alcuni «parlano di lei» a Gesù. C’è una responsabilità potente delle nostre comunità, chiamate a custodire le vite più fragili e a renderle presenti alla misericordia di Dio, nel sacrificio eucaristico e nella preghiera corale: Egli sa «avvicinarsi» a quelle vite, agli occhi del mondo inutili e da “scartare”, «prenderle per mano» e «farle risorgere»; è Lui che rende visibile il valore inestimabile di ciascuna di quelle vite, in cui risplende l’immagine di Dio, capaci di «servirlo» e di «servire» ogni fratello.
Esiste la tentazione di ritenere inutile e vana la vita: la insinua il maligno, che vuole confonderci per indurci a dilapidare i doni di Dio. La I lettura ci presenta la riflessione di Giobbe, uomo giusto che, messo alla prova dal Creatore su suggerimento del satan con ogni tipo di sofferenza, conserva la fede e il timore di Dio; egli medita sul significato dell’esistenza umana, che «è un soffio» e «scorre più veloce di una spola», segnata da un «duro servizio», con «mesi di illusione e notti di affanno», come quella di «schiavi o mercenari» (Giobbe 7).
Solo il «Dio della Vita» può salvare! Egli «risana i cuori affranti» e «fascia le loro ferite», «sostiene i poveri, ma abbassa fino a terra i malvagi» (Salmo 146, Responsorio). È questo il cuore del «Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio» (Marco 1,1): una buona notizia di salvezza rivolta a ogni uomo, specialmente agli ultimi, ai poveri, prediletti del Signore. Annunciare il Vangelo della Vita è sempre, per ogni uomo che ha incontrato Gesù, «non un vanto, ma una necessità che si impone»: questa buona notizia rende nuovo chiunque ne sia raggiunto e ci induce a «fare tutto per il Vangelo, per esserne partecipi anche noi» (II lettura), come Paolo, reso apostolo, da persecutore che era, sulla via di Damasco, nell’incontro fondativo con Gesù, Signore della Vita.