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«Il Giubileo è un pellegrinaggio nella speranza e voi tutti, nel grande campo dell’educazione, sapete bene quanto la speranza sia una semente indispensabile! Quando penso alle scuole e alle università, le penso come laboratori di profezia, dove la speranza viene vissuta e continuamente raccontata e riproposta. Le sfide attuali, a volte, possono sembrare superiori alle nostre possibilità, ma non è così. Non permettiamo al pessimismo di sconfiggerci!».
L’atmosfera è particolarmente solenne in piazza San Pietro gremita di fedeli e riscaldata dal sole autunnale. È la solennità di Tutti i Santi e, anche, la conclusione del Giubileo del mondo educativo e per questo papa Leone XIV ha deciso proprio in questo giorno di proclamare Dottore della Chiesa San John Henry Newman, che dall’anglicanesimo si convertì al cattolicesimo e divenne anche cardinale. Sul sagrato della Basilica, è presente anche una delegazione della Chiesa anglicana.
Il rito della proclamazione è molto semplice ma suggestivo. Dopo l’atto penitenziale, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, accompagnato dal postulatore, si è rivolto al Papa chiedendo la proclamazione di san John Henry Newman a “Dottore della Chiesa Universale” e ha dato lettura della sua biografia.
Ha ricordato la sua nascita a Londra il 21 febbraio 1801, in una famiglia anglicana, la sua ordinazione a diacono della Chiesa d’Inghilterra e poi a pastore nel maggio 1825, incaricato di seguire gli studenti universitari come vicario della parrocchia dell’Università di Oxford. Fra il 1832 e 1833, durante un viaggio di ritorno dall’Italia, Newman compose Lead, Kindly Light, divenuto in seguito un popolare inno religioso.
Negli anni seguenti avviò con altri amici il Movimento di Oxford, per contrastare il diffondersi nelle università inglesi del liberalismo religioso. Come pastore e teologo anglicano, fu strenuo difensore del principio dogmatico, tanto da essere considerato il più insegne esponente della cosiddetta “Chiesa Alta”.
Quando molti ecclesiastici anglicani, per lo più appartenenti al Movimento di Oxford, passarono alla Chiesa Cattolica, Newman andò incontro alla crisi religiosa che portò anch’egli ad aderire al cattolicesimo nel 1845.
Al termine della lettura della biografia, il Papa ha pronunciato la formula solenne: «Noi accogliendo il desiderio di molti Fratelli nell’Episcopato e di molti fedeli del mondo intero, avuto il parere del Dicastero delle Cause dei Santi, dopo aver lungamente riflettuto e avendo raggiunto un pieno e sicuro convincimento, con la pienezza dell’autorità apostolica dichiariamo San John Henry Newman Dottore della Chiesa universale».
Il motivo per cui ha scelto il Giubileo del mondo educativo per questa proclamazione il Pontefice lo spiega bene nell’omelia: «Nominare San John Henry Newman co-patrono, insieme a San Tommaso d’Aquino, di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo» è il riconoscimento «dell’imponente statura culturale e spirituale di Newman» che, è l’auspicio di Prevost, «servirà d’ispirazione a nuove generazioni dal cuore assetato d’infinito, disponibili per realizzare, tramite la ricerca e la conoscenza, quel viaggio che, come dicevano gli antichi, ci fa passare per aspera ad astra, cioè attraverso le difficoltà fino alle stelle».
Il messaggio che Leone affida agli educatori e alle istituzioni educative è chiaro: «“Risplendete oggi come astri nel mondo”», sottolinea, «grazie all’autenticità del vostro impegno nella ricerca corale della verità, nella sua coerente e generosa condivisione, attraverso il servizio ai giovani, in particolare ai poveri, e nella quotidiana esperienza che “l’amore cristiano è profetico, compie miracoli”».
In questo giorno viene proclamato il Vangelo delle Beatitudini e il Pontefice, nell’omelia, si sofferma proprio sul significato: «San Matteo, giustamente, presenta le Beatitudini come un insegnamento, raffigurando Gesù come Maestro che trasmette una visione nuova delle cose e la cui prospettiva coincide col suo cammino», sottolinea il Papa, «le Beatitudini, però, non sono un insegnamento in più: sono l’insegnamento per eccellenza. Allo stesso modo, il Signore Gesù non è uno dei tanti maestri, è il Maestro per eccellenza. Di più, è l’Educatore per eccellenza. Noi, suoi discepoli, siamo alla sua scuola, imparando a scoprire nella sua vita, cioè nella via da Lui percorsa, un orizzonte di senso capace d’illuminare tutte le forme di conoscenza. Possano le nostre scuole e università essere sempre luoghi di ascolto e di pratica del Vangelo».
Il Papa cita il «mio amato Predecessore, Papa Francesco», e il suo discorso alla Prima Assemblea Plenaria del Dicastero per la Cultura e l’Educazione quando aveva invitato «a lavorare insieme per liberare l’umanità dall’oscurità del nichilismo che la circonda, che è forse la malattia più pericolosa della cultura contemporanea, poiché minaccia di “cancellare” la speranza».
Il riferimento «all’oscurità che ci circonda», prosegue il Papa, «ci richiama uno dei testi più noti di San John Henry, l’inno Lead, kindly light (Guidami, luce gentile). In quella bellissima preghiera, ci accorgiamo di essere lontani da casa, di avere i piedi vacillanti, di non riuscire a decifrare con chiarezza l’orizzonte. Ma niente di tutto questo ci blocca, perché abbiamo trovato la Guida: “Guidami Tu, Luce gentile, attraverso il buio che mi circonda, sii Tu a condurmi!”. È compito dell’educazione», aggiunge ancora il Papa, «offrire questa Luce Gentile a coloro che altrimenti potrebbero rimanere imprigionati dalle ombre particolarmente insidiose del pessimismo e della paura».
Leone allora lancia un appello a tutti gli educatori: «Disarmiamo le false ragioni della rassegnazione e dell’impotenza, e facciamo circolare nel mondo contemporaneo le grandi ragioni della speranza. Contempliamo e indichiamo costellazioni che trasmettano luce e orientamento in questo presente oscurato da tante ingiustizie e incertezze. Perciò vi incoraggio a fare delle scuole, delle università e di ogni realtà educativa, anche informale e di strada, come le soglie di una civiltà di dialogo e di pace».
Un altro spunto di riflessione il Papa lo trae dalla Prima Lettura della Solennità di Tutti i Santi: «Nel testo biblico un anziano, osservando la moltitudine, domanda: “Questi, […] chi sono e da dove vengono?”. A tale proposito, anche in ambito educativo, lo sguardo cristiano si posa su “quelli che vengono dalla grande tribolazione” e vi riconosce i volti di tanti fratelli e sorelle di ogni lingua e cultura, che attraverso la porta stretta di Gesù sono entrati nella vita piena. E allora», prosegue il Papa citando l’Esortazione apostolica Dilexit te, «dobbiamo domandarci: “I meno dotati non sono persone umane? I deboli non hanno la stessa nostra dignità? Quelli che sono nati con meno possibilità valgono meno come esseri umani, devono solo limitarsi a sopravvivere?”. Dalla risposta che diamo a queste domande dipende il valore delle nostre società e da essa dipende pure il nostro futuro. Aggiungiamo: da questa risposta dipende anche la qualità evangelica della nostra educazione».
Il Papa, evocando l’insegnamento di Newman, ricorda che «la vita si illumina non perché siamo ricchi o belli o potenti. Si illumina quando uno scopre dentro di sé questa verità: sono chiamato da Dio, ho una vocazione, ho una missione, la mia vita serve a qualcosa più grande di me stesso! Ogni singola creatura», sottolinea, «ha un ruolo da svolgere. Il contributo che ciascuno ha da offrire è di valore unico, e il compito delle comunità educative è quello di incoraggiare e valorizzare tale contributo. Non dimentichiamolo: al centro dei percorsi educativi devono esserci non individui astratti, ma le persone in carne ed ossa, specialmente coloro che sembrano non rendere, secondo i parametri di un’economia che esclude e uccide. Siamo chiamati a formare persone, perché brillino come stelle nella loro piena dignità».
Leone, infine, ricorda che l’educazione «nella prospettiva cristiana, aiuta tutti a diventare santi» e, a tal proposito, ricorda le parole pronunciate da Benedetto XVI nel 2010 durante la beatificazione a Londra di John Henry Newman quando «invitò i giovani a diventare santi, con queste parole: “Ciò che Dio desidera più di ogni altra cosa per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto possiate immaginare e vuole il meglio per voi”».
E conclude: «Prego che l’educazione cattolica aiuti ciascuno a scoprire la propria chiamata alla santità. Sant’Agostino, che San John Henry Newman apprezzava tanto, disse una volta che noi siamo compagni di studio che hanno un solo Maestro, la cui scuola è sulla terra e la cui cattedra è in cielo».
Al termine della celebrazione il Papa – prima di salire sulla papamobile e salutare da vicino i fedeli fino a via della Conciliazione – recita l’Angelus sul sagrato della Basilica di San Pietro: «Il mistero della comunione dei santi, che oggi respiriamo “a pieni polmoni”, ci ricorda qual è il destino finale dell’umanità: una grande festa in cui si gioisce insieme dell’amore di Dio, presente tutto in tutti, riconoscendo e ammirando la bellezza multiforme dei volti, tutti diversi e tutti somiglianti al Volto di Cristo», ha detto, «mentre pregustiamo questa realtà futura, sentiamo ancora più forte e doloroso il contrasto con i drammi che la famiglia umana sta soffrendo a causa delle ingiustizie e delle guerre. E tanto più impellente sentiamo il dovere di essere costruttori di fraternità». Poi saluta la Delegazione ufficiale della Chiesa d’Inghilterra, guidata da Sua Grazia Stephen Cottrell, Arcivescovo di York: «Dopo lo storico incontro di preghiera con Sua Maestà il Re Carlo III, celebrato alcuni giorni fa nella Cappella Sistina, la vostra presenza oggi esprime la gioia condivisa per la proclamazione di San John Henry Newman Dottore della Chiesa. Dal cielo egli accompagni il cammino dei cristiani verso la piena unità».



