Bambini di Caracas giocano con la bandiera del Venezuela.
Per le strade del Venezuela va in scena la rivoluzione. Non quella bolivariana, a lungo decantata con toni demagogici dal defunto presidente Hugo Chávez (scomparso quasi un anno fa). Ma la rivoluzione degli studenti e della gente comune esasperati dall'altissimo tasso di criminalità e di violenza e dalla crisi economica che attanagliano il Paese latinoamericano. La protesta anti-chavista, partita alcune settimane fa, non si placa, nonostante la dura repressione da parte delle forze governative, che ha lasciato sul campo almeno dieci vittime, fra cui Genesis Carmona, miss Turismo dello Stato di Carabobo, freddata da una pallottola durante le manifestazioni a Valencia.
Il Governo di Nicolas Maduro - il delfino di Chávez eletto dopo la sua morte - è sotto accusa da parte dei cittadini: nella capitale Caracas e in altre città del Paese la gente è scesa in strada per manifestare contro la penuria di prodotti di base, come il latte, la carta igienica e le medicine, contro un'inflazione spaventosa che è arrivata al 50%, contro le infrastrutture precarie. Uno dei principali leader dell'opposizione al chavismo, Leopoldo López, ex sindaco di Chacao, è stato arrestato - o meglio, lui stesso si è consegnato alla polizia dopo alcuni giorni di latitanza - in quanto fomentatore della rivolta, accusato di istigazione alla violenza. Ora rischia dieci anni di carcere.
Intanto, il presidente Maduro grida al "colpo di Stato fascista", riprendendo in pieno la retorica chavista condanna l'imperialismo che vuole mettere fine alla rivoluzione bolivariana iniziata dal suo predecessore. Ha messo il bavaglio alla stampa e alle voci critiche, limitato la libertà di espressione (gli attivisti denunciano l'oscuramento dei social network) e accusato l'americana Cnn di "propaganda di guerra", sospendendo gli accrediti ai suoi giornalisti.
Anche in Venezuela il tam tam della protesta è passato attravero la Rete, i giovani
si sono coordinati via social network, la rivolta ha
preso corpo on line. Nell'era della globalizzazione, difficile, se non impossibile, imprigionare le voci dei giovani connessi tra di loro e con il resto del mondo attraverso la Rete e i mezzi di comunicazione. Come nelle primavere arabe, in Egitto, in Tunisia, come in Brasile, in Turchia. E come in Ucraina.