Tra i provvedimenti di grazia che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concesso nei giorni di vigilia di questo Natale, quello che riguarda Franco Cioni evoca in noi una profonda emozione di pietà per una vicenda che ha visto intrecciate la vita e la morte, la cura e forse la disperazione traboccata. Franco Cioni aveva 73 anni quando uccise la moglie soffocandola nel sonno con un cuscino. La donna aveva una malattia grave e progressiva e Cioni si prese cura di lei per circa cinque anni. Poi il tragico gesto, il processo e la condanna. Una condanna mite rispetto alla pena edittale, ma inevitabile. Ora, dopo una parziale espiazione, non ci sarà più detenzione per l’uomo graziato.

Che cosa vuol dire questa grazia? Dice forse che quella morte non è più omicidio, che quella condanna è revocata, che l’epilogo clemente riscatta l’uomo dalla norma infranta, che la morte pietosa d’amore non può più dirsi delitto? No, non dice così, non accade nulla di questo. La grazia agisce solo sulla pena che fa cessare, e non cambia il resto. A noi restano in cuore tuttavia le domande che interrogano il diritto e l’etica, l’emozione e la ragione, la verità e la carità.

Per il diritto, la grazia concessa non dice che la condotta sia stata giusta. Dice che ora la pena non viene più ritenuta necessaria o proporzionata. Non legittima l’omicidio, non lo assolve, non lo riqualifica. Ci fa rammentare che si può provare pietà per una situazione umana senza che ciò approvi l’azione che uccide. La grazia cerca altra soluzione che il castigo, ma non rinnega la norma che mantiene giusta e ferma.

Sul piano del giudizio etico, la pietà può percorrere le lacerazioni emotive, la fragilità e il limite umano. Resta però la verità oggettiva dell’atto che toglie la vita, la sua ingiustizia intrinseca: è l’uccidere, l’uccidere che non è giusto. E che a muovere il gesto sia l’intenzione compassionevole non vale a trasformare un male in un bene.

La grazia a quest’uomo che ha ucciso non è dunque la ratifica di un gesto tragico e ingiusto in sè, quasi ricondotto in un alveo di permissione. Può invece nella grazia farsi strada la carità come a volte chiede la giustizia che vuol chiamarsi riparativa, senza tradire la verità. Tra le ragioni della grazia a Ciani c’è ad esempio il perdono che gli ha dato la sorella della vittima.

E infine gli echi di dolore, gli echi di pietà che ci durano in cuore ci muovono a percorrere a ritroso la storia, anzi le storie, le molte storie di vita dolente affidata alle cure, alla fatica d’amore, talvolta alla solitudine dei caregiver. Che ne sappiamo noi di queste solitudini? Che ne sappiamo dell’amore che chiede aiuto? Vogliamo convertire la pietà in soccorso. Forse tutti sogniamo una società capace di misericordia, cioè l’opposto d’un relativismo morale che maschera l’abbandono dei bisognosi. La giustizia vuole una rete di carità sociale, a curare la vita. Lo vuole la costituzione (art. 2), lo vuole il Vangelo.