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Pope Leo XIV speaks next to Lebanon's President Joseph Aoun during a farewell ceremony before departing from Beirut International Airport at the end of his apostolic journey, in Lebanon December 2, 2025. ANDREAS SOLARO/Pool via REUTERS
dalla nostra inviata a Beirut
Il discorso più impegnativo ed esplicito papa Leone lo riserva al congedo. Prima di lasciare il Libano, seconda tappa del suo primo viaggio apostolico, rivolge, pensando soprattutto agli attacchi israeliani e a quelli di Hezbollah nel Sud del Libano, «un accorato appello: cessino gli attacchi e le ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano».


Papa Leone saluta i fedeli al termine della Messa a Beirut
(REUTERS)Una visita in Libano fortemente voluta anche da papa Francesco che, se fosse stato ancora in vita, sarebbe stato qui dopo il Giubileo. Papa Leone si rallegra «di aver potuto realizzare il desiderio del mio amato predecessore». Lo ha fatto rompendo anche il protocollo che evita i viaggi apostolici durante l’Anno Santo. L’unico previsto era quello per la celebrazione dei 1.700 anni del Concilio di Nicea. Prevost, però, ha insistito per arrivare qui a sostenere il Paese in uno dei suoi momenti più critici.
E adesso, partendo, si porta il Libano nel cuore. «Ho trovato qui un popolo che non ama l’isolamento, ma l’incontro», spiega. «Così, se arrivare significava entrare con delicatezza nella vostra cultura, lasciare questa terra è portarvi nel cuore. Noi non ci lasciamo, dunque, ma essendoci incontrati andremo avanti insieme. E speriamo di coinvolgere in questo spirito di fraternità e di impegno per la pace tutto il Medio Oriente, anche chi oggi si considera nemico».
Ricostruisce le sue tappe, quella che lo ha visto ad Harissa per toccare con mano «di quanta venerazione il vostro popolo circonda la Beata Vergine Maria, tanto cara sia ai cristiani sia ai mussulmani». E poi la sua preghiera «alla tomba di San Charbel, percependo le profonde radici spirituali di questo Paese: quanta linfa dalla vostra storia può sostenere il difficile cammino verso il futuro! Mi ha toccato il cuore la breve visita al porto di Beirut, dove l’esplosione ha devastato non soltanto un luogo, ma tante vite. Ho pregato per tutte le vittime e porto con me il dolore e la sete di verità e di giustizia di tante famiglie, di un intero Paese».
In pochi giorni il popolo ha conquistato il Pontefice che ha ricevuto dalle tante mani strette «un’energia di speranza». Siete «forti come i cedri, gli alberi delle vostre belle montagne, e pieni di frutti come gli ulivi che crescono in pianura, nel sud e vicino al mare», dice accomiatandosi dal Paese e salutando «tutte le regioni del Libano che non è stato possibile visitare: Tripoli e il nord, la Beqa’ e il sud del Paese, che, in modo particolare, vive una situazione di conflitto e di incertezza. A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace».
E poi ancora un appello: «Scegliamo tutti la pace come via, non soltanto come meta! Ricordiamo quanto vi disse San Giovanni Paolo II: il Libano, più che un Paese, è un messaggio! Impariamo a lavorare insieme e a sperare insieme, perché così sia».










