dal nostro inviato a Istanbul

Parla alla Turchia e parla al mondo, papa Leone, nel suo primo discorso del viaggio internazionale che lo porta ad Ankara e a Istanbul e poi, dal 30 novembre, in Libano. E in questa chiave lo hanno atteso nel Paese che fa da cerniera tra l’Europa e l’Asia. Se alla gente comune l’arrivo del Pontefice sembra poco più che una curiosità, le autorità politiche e religiose del Paese sanno bene quanto siano importanti i rapporti con Roma. Tanto più in un frangente in cui il multilateralismo sembra in crisi e si fatica a far rispettare il diritto internazionale.

E allora la Santa sede, con la sua autorità morale e spirituale prova a tessere ponti. A cominciare da un Paese che, nonostante le contraddizioni, del ponte ha fatto un suo simbolo. Quello dei Dardanelli che congiunge Mar Mediterraneo e Mar Nero. Quello tra Oriente e Occidente, tra Continenti, tra religioni. «Oggi più che mai c’è bisogno di personalità che favoriscano il dialogo e lo pratichino con ferma volontà e paziente tenacia», dichiara con chiarezza papa Leone parlando alle autorità del Paese. Lo fa dopo aver visitato il museo di Ataturk. Il padre della patria, fondatore e primo presidente della Turchia, rompendo con l’Islam integralista aveva spinto il Paese verso la laicità. Il diritto coranico ottomano sostituito dal codice civile, vietata la poligamia, istituito il diritto di voto attivo e passivo per le donne, adottato l’alfabeto latino al posto di quello arabo per tradurre la lingua turca, spostato alla domenica dal venerdì il riposo domenicale, vietato l’obbligo del velo per le donne, per citare solo alcune delle tante riforme. A questo recente passato guarda ancora la Turchia che oggi vuole porsi come intermediario tra i diversi conflitti, in primis quello israelo-palestinese e quello russo-ucraino, come ha ricordato Erdogan nel suo discorso di benvenuto. Il viaggio di Leone coglie la sfida e l’opportunità di poter lavorare, insieme, per l’unità e la pace. «Dopo la stagione della costruzione delle grandi organizzazioni internazionali, seguita alle tragedie delle due guerre mondiali, stiamo attraversando una fase fortemente conflittuale a livello globale, in cui prevalgono strategie di potere economico e militare, alimentando quella che Papa Francesco chiamava “terza guerra mondiale a pezzi”. Non bisogna cedere in alcun modo a questa deriva!», denuncia il Pontefice. E aggiunge: «Ne va del futuro dell’umanità. Perché le energie e le risorse assorbite da questa dinamica distruttiva sono sottratte alle vere sfide che la famiglia umana oggi dovrebbe affrontare invece unita, cioè la pace, la lotta contro la fame e la miseria, per la salute e l’educazione e per la salvaguardia del creato». E poi sottolinea il desiderio della Santa Sede di «cooperare con tutte le Nazioni che hanno a cuore lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini e le donne. Camminiamo insieme, allora, nella verità e nell’amicizia, confidando umilmente nell’aiuto di Dio».

Loda, di fronte al presidente Erdogan, la bellezza artistica, naturale, culturale del Paese. Una ricchezza che, in una «terra legata inscindibilmente alle origini del cristianesimo» che «oggi richiama i figli di Abramo e l’umanità intera a una fraternità che riconosca e apprezzi le differenze» ricorda che «nell’incontro fra generazioni, tradizioni e idee diverse prendono forma le grandi civiltà, nelle quali sviluppo e sapienza si compongono in unità».

Di fronte a un mondo «destabilizzato da ambizioni e decisioni che calpestano la giustizia e la pace», aggiunge Leone, «essere un popolo dal grande passato rappresenta un dono e una responsabilità».

Un appello che il presidente Erdogan aveva già sottolineato nel suo discorso dicendosi pronto a che il suo Paese faccia «la sua parte per risolvere le crisi internazionali», come subito hanno rilanciato anche i media turchi che seguono l’evento.

Leone, poi, richiama il simbolo scelto come emblema del viaggio, il ponte sullo Stretto dei Dardanelli, che «esprime con efficacia il ruolo speciale del vostro Paese. Voi avete un posto importante nel presente e nel futuro del Mediterraneo e del mondo intero, anzitutto valorizzando le vostre interne diversità. Prima di collegare Asia ed Europa, Oriente e Occidente, infatti, quel ponte lega la Türkiye a sé stessa, ne compone le parti e così ne fa, per così dire, dall’interno un crocevia di sensibilità, che omologare rappresenterebbe un impoverimento. Una società, infatti, è viva se è plurale: sono i ponti fra le sue diverse anime a renderla una società civile. Oggi le comunità umane sono sempre più polarizzate e lacerate da posizioni estreme, che le frantumano».

Una unità cui anche i cristiani vogliono collaborare. Cristiani «che sono e si sentono parte dell’identità turca, tanto apprezzata da San Giovanni XXIII, da voi ricordato come il “Papa turco” per la profonda amicizia che lo legò sempre al vostro popolo. Egli, che fu Amministratore del Vicariato Latino di Istanbul e Delegato Apostolico in Türkiye e Grecia dal 1935 al 1945, si adoperò intensamente affinché i cattolici non si estraniassero dalla costruzione della vostra nuova Repubblica». Da quegli anni sono stati fatti molti passi in avanti verso quella che «Papa Francesco ha definito “cultura dell’incontro”».

In una terra che ha visto non solo quello di Nicea, 1.700 anni fa, ma i primi otto concili ecumenici, Leone auspica che la Turchia possa «essere un fattore di stabilità e di avvicinamento fra i popoli, a servizio di una pace giusta e duratura. La visita in Türkiye di quattro Papi – Paolo VI nel 1967, Giovanni Paolo II nel 1979, Benedetto XVI nel 2006 e Francesco nel 2014 – attesta che la Santa Sede non solo mantiene buone relazioni con la Repubblica di Türkiye, ma desidera cooperare a costruire un mondo migliore con l’apporto di questo Paese, che costituisce un ponte tra Est e Ovest, tra Asia ed Europa, e un crocevia di culture e religioni».

Loda l’apporto delle religioni allo sviluppo e il ruolo fondamentale della famiglia e delle donne. Per rispondere alle sfide di poter «rimodellare le politiche locali e le relazioni internazionali, specialmente davanti a un’evoluzione tecnologica che potrebbe altrimenti accentuare le ingiustizie, invece di contribuire a dissolverle. Persino le intelligenze artificiali, infatti, riproducono le nostre preferenze e accelerano i processi che, a ben vedere, non sono le macchine, ma è l’umanità ad avere intrapreso».

Leone chiede di lavorare insieme «per modificare la traiettoria dello sviluppo e per riparare i danni già inferti all’unità della famiglia umana». Il modello di famiglia può fare da punto di riferimento perché «per ognuno di noi la famiglia è stata il primo nucleo della vita sociale, in cui sperimentare che senza l’altro non c’è “io”. Più che in altri Paesi, la famiglia conserva nella cultura turca una grande importanza e non mancano iniziative per sostenerne la centralità. Al suo interno, infatti, maturano atteggiamenti essenziali per la convivenza civile e una prima, fondamentale sensibilità verso il bene comune. Certo, ogni famiglia può anche chiudersi in sé stessa, coltivare inimicizie, o impedire a qualcuno dei suoi membri di esprimersi, fino a ostacolare lo sviluppo dei suoi talenti. Tuttavia, non è da una cultura individualistica, né dal disprezzo del matrimonio e della fecondità, che le persone possono ottenere maggiori opportunità di vita e di felicità. A questo inganno delle economie consumistiche, in cui le solitudini diventano business, è bene rispondere con una cultura che apprezza gli affetti e i legami. Solo insieme diventiamo autenticamente noi stessi. Solo nell’amore diventa profonda la nostra interiorità e forte la nostra identità. Chi disprezza i legami fondamentali e non impara a sostenerne persino i limiti e le fragilità, più facilmente diventa intollerante e incapace di interagire con un mondo complesso».

E sulle donne aggiunge che loro «anche attraverso lo studio e la partecipazione attiva alla vita professionale, culturale e politica, sempre più si mettono a servizio del Paese e della sua positiva influenza nel panorama internazionale. Dunque, sono molto da apprezzare le importanti iniziative in tal senso, a sostegno della famiglia e del contributo femminile alla piena fioritura della vita sociale».